*A COMMERCIANTI.
Mariuzza: maritata, madre di due bambini, un maschietto di 5 anni e una femminuccia di 3.
Bedda, sensuale e con attributi anatomici alquanto ben distribuiti. Si veste firmato, esibisce a mò di trofeo un telefonino di ultima generazione, regalatogli dal marito in occasione del suo trentesimo compleanno.
Girovaga per le strade cittadine in una bella macchina a due porte. Frequenta una o due volte la settimana il salone di bellezza di Enza, il più rinomato; più che altro per informare è allo stesso tempo essere informata di tutte le infedeltà amorose accadute nel trascorso della settimana.
-“Ca, nun nnè pi sparlarla, ma chiddu ca cci fà a sò marito nun l'avi a fari, chibbuò, chiddu mischinu nun su mierita“. Erano parole che sempre uscivano dalla bocca della più stufficusa. Indubbiamente, fino al momento del suo arrivo, tutte le “signore” la presenti la sparlano fino all'osso, appena Mariuzza fa la sua presenza, il bersaglio pettegolo si dirige automaticamente alla prossima vittima: la non presente.
Il marito: un santo. Lavoratore, serio, onesto e molto educato, termini facilmente confondibili con la categoria di “minchiuni”. Impiegato comunale da più di vent'anni, mago dell'economia domestica; picchi cu milli euro o misi nun sacciu cuomu minchia fannu a fari ssà vita!!!!!!......Booo!!!!
Quel pomeriggio brillava un bel sole, Mariuzza decise sotto l'auspicio di un anteriore telefonata, uscire a fare la spesa, scusa alquanto valida per allontanarsi un pò da tutti e incontrarsi con qualcuno.
Indossò una maglietta aderente e trasparente, mettendo in evidenzia quasi provocativa, la sue due belle enormi rotondità, facendo si che risaltassero quei turgidi e orgogliosi capezzoli, simbolo della sua più assoluta sensualità.
I bambini li porta subito dalla suocera, vedova, da tempo pensionata, na vecchia scarattarata, che godeva di ottima salute.
-“Mamà, li lassu ccà, cchiu tardu li viegnu a pigliu”.
E' vai!!!!.Tranquilla e serena, guarda lo specchietto retrovisore, scinnì da salita, al arrivare o stratuni per Canicattì imbocca subitamente dopo una strada secondaria sulla destra.
Qualcuno la segue senza dare all'occhio fino al posto d'arrivo; una cascina di campagna a pochi chilometri da Naro. Il suo seguitore, memorizza il tutto: data, ora, posto, modello e targa della macchina del suo presunto amico e cosi via.
-“Mariù, cuomu è possibili ca isti o supermercatu è nun c'è nenti di mangiari?”, sbraitava l’incosciente maritino.
-“Zittiti gioia, mi lu scurdavu ca oi era Mierculi.”
Il maschietto si chiamava Calogero, del resto come il defunto padre del marito, per la femminuccia invece hanno trasgredito, è la chiamarono Yumjenia, secondo loro, è un nome indiano che vuol dire “onestà”. …………..NMahhh!!!
Mariuzza, patita di marche, pellegrinava ogni fin di mese a quel tempio dell'alta moda, 'mpricignata e ossessionata dalle griffe, lasciava là fior di quattrini, rendendo le tasche di Calabrò sempre più piene.
Pù carnilivaruni: elegantissima, senza ombra di dubbio la più elegante. Cappotto con pellicciotto, gonna in pelle, stivali all'ultima moda, ‘ngioiellata e ‘mprofumata; all'atu di ddu curnutuni du maritu (mischinu chi curpa 'nnaviva iddu) passeggiava con aria gentilizia pi tuttu u Viali, volendo scovare con il codino dell'occhio un qualcosa o una calunia per riportare l'indomani da Enza tutti i dettagli della giornata.
-“Postaaaa!”
-“Mamma la pigliu iu”. Calogero prese la busta odorosa di profumo scadente e la consegnò alla mamma.
-”Gentile signora………….io so tutto…..ecc…………….io ho visto tutto………ecc vorrei parlare con lei a sola……ecc... ecc…… aspetti una mia chiamata di telefono ecc……….. Anonimo Narese.”
Mariuzza non mosse un ciglio, bruciò la lettera e continuò a stirare le camicie del marito.
Dopo un paio di giorni, una suoneria polifonica proveniente dal suo telefonino, fece si che rispondesse ad una chiamata; una voce alquanto nervosa, tremula è misteriosa.
-“Scusi se la molesto,…… volevo sapere se aveva ricevuto la lettera, per questo la chiamo,……… spero che non si offenda…………… pero io desidero incontrarla… ecc…ecc…”.
Mariuzza, senza un attimo d'incomodità gli riferì di stabilire un punto di contatto per incontrarsi, è cosi parlarne, in maniera da evitare lo scandalo.
Giovedì, Luglio, giorno cocente e afoso. Ore 9 del mattino. Mariuzza si scioglieva dal caldo.
Dopo aver fatto una doccia fredda e profumato tutta la sua vellutata epidermide, si specchiava, osservando la sua figura conturbante, rappresa e omogenea. Indossò una maglietta smanicata, senza reggiseno, una gonnellina di jeans corta e un paio di costose scarpe con tacchi a spillo, gli causava piacere osservarsi e mettere in evidenza le sue belle gambe, depilate e abbronzate al punto giusto.
Sudava profusamente, con della carta igienica si asciugava quel sudore che gocciolava all'interno delle sue cosce, causato dal caldo o forse dall’ apprensione che gli produceva pensare in quel nuovo incontro previsto in mattinata. Solo il pensiero gli causava eccitazione; con due dita si strofinò a mansalva il suo clitoride, duro e scivoloso, era talmente eccitata che gli spasmi si susseguirono quasi immediatamente, con l’altra mano si pizzzicava uno dei suoi capezzoli, confondendo il dolore con un irrefrenabile voglia di piacevole soddisfazione, si sfiniva in pochi attimi, crollava in ginocchio leccandosi con la punta della sua lingua quel capezzolo rappreso e arrossito, era la sua forma fai-da-te per calmare il suo bollente spirito.
L'incontro avvenne, sempre fuori paese, lontano da occhi indiscreti. Nessuno la seguì, i bambini dalla suocera.
-“E' allura chi è ca ti puozzu vinniri?”. Interferì Mariuzza con voce di buona commerciante.
-“Mariù, si lu vuò sapiri tu sempri ma piaciutu, è chista fu la scusa di viditi a sulu.”
Pinuzzu: maritatu, imprenditore edile, ladiuzzu, però chinu di sordi, trimava cuomu na foglia, però la serenità di Mariuzza lo tranquillizzò è lo portò a giocare nella sua metà campo. In quel momento era disposto a tutto.
E’ allora Mariuzza si avvicinò con movimenti guardinghi, dopo avergli pizzicato una guancia, gli appigliò una mano che parcheggiò sul suo seno, lui percepì la durezza di quel capezzolo rigonfio e carnoso; un fremito gli attraverso la spina dorsale. Lei lo guardò fisso negli occhi, gli apri la granatera gli infilò la sua mano destra, gli accarezzò e timidamente gli sgramignò quel suo membro gia’ duro e bello dritto, (fù una anticipazione a quello che sarebbe stata capace di realizzare ), quindi gli asseverò:
-“Pinù, iu ti fazzu scattari di piaciri, però gioia, negoziu è negoziu, sennò cuomu cridi tu, ca cu dda’ miseria di stipendiu ca ma maritu mi porta ogni misi, iu mi puozzu accattari i miegli robbi di Naru?
...tratto dal libro: "Cosi ca putissiru succediri a NARU"
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