


Il 18 giugno di ogni anno, devozione e folklore danno vita ai tradizionali festeggiamenti in onore di San Calogero, il Santo nero, il cui culto attrae a Naro migliaia di devoti, spinti da una fede sincera.
Calogero, infatti, in greco vuol dire bel vecchio. Il nostro Santo è stato uno di quei vecchi venerandi che, per sfuggire alle persecuzioni degli ariani bizantini dalle terre dell'impero d'oriente, si trasferirono in Sicilia, dove vissero una grama vita eremitica, venerati dalle popolazioni cristiane.
Ed essi, poiché, venuti dall'oriente, nella fantasia popolare, più tardi furono raffigurati con la faccia nera, anche perché la loro festa si celebrava nei mesi più caldi dell'anno. , il Santo di Naro sarebbe nato a Cartagine e sia approdato in Sicilia, insieme a Gregorio e Demetrio, per sfuggire alle persecuzioni dei Vandali d'Africa (sec.V-VI). Secondo altre fonti, il Santo Nero nacque a Costantinopoli.
Molti fedeli promettono come voto il pellegrinaggio ovvero U viaggiu a San Calò, che consiste nel salire a piedi scalzi (a'ppedi) la ripida altura, su cui è posta la città, attraverso la vecchia trazzera reggia, che si snoda fino alla Porta Vecchia, l'antico ghetto ebreo di Naro.
Si dice che nel 1693 Naro, sempre per intercessione del Santo, fu preservata dal terribile terremoto dell'11 Gennaio, evento che viene ricordato ogni anno dalla processione che i paesani chiamano San Caloiru picciulu. La festa che cade a data fissa, il 18 giugno, giorno in cui, si dice, di un anno imprecisato del secolo VII, sia morto sul monte Kronio, mentre altri affermano che sia morto nel 561, all'età di 95 anni,
Alle ore 10:00 del 18 giugno la statua del Santo, opera dello scultore Francesco Frazzetta, di Militello (1566), ma per la prematura morte dell'artista, completata nel capo dalla figlia, egregia allieva dell'illustre genitore, viene esposta in adorazione dei fedeli davanti al Santuario. Il maestoso simulacro del Santo, nero come il carbone, con la lunga barba fluente pure nera, con la sinistra porta il bastone, con la destra sorregge la cassetta delle medicine, simbolo delle guarigioni che elargiva ed in atto di benedire tutta quella folla immensa di gente variopinta, che si pigia, suda sotto il sole rovente di giugno, stanca, trafelata per portare il proprio voto, sul petto sotto la raggiera vi è scolpito la scritta In nomine Jesus, con la quale parola soleva iniziare la sua azione taumaturgica, avvolto da un mantello finemente arabescato, sul capo è posta una piccola aureola, viene posto sulla vara dei miracoli, a forma di grande Straula, sotto un baldacchino rosso, che al grido di Viva Diu e San Calò,suscitando intensa emozione nelle migliaia di fedeli accorsi, come sempre, a manifestargli profonda devozione e gratitudine, si muove tirato con funi, alle quali si attaccano centinaia di fedeli di ogni ceto sociale, d'ambo i sessi e di tutte le età, giunti da ogni parte in pellegrinaggio.
Lungo la strada la gente si affanna a strofinare i fazzoletti sul Simulacro, perché è credenza che il Santo,dotato di poteri taumaturgici contro le malattie del corpo e quelle dell'anima, da cui scacciava i demoni, sudi e, quindi, i fedeli vogliono portare a casa un talismano.
Si arriva, infine, alla Matrice Nuova, dentro la quale il Simulacro viene portato, tolto dalla straula, con una vara, per la celebrazione della messa di ringraziamento per i forestieri (poiché si dice che il 18 giugno è il giorno della festa dei forestieri).
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